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GIOVANI COSTRUTTORI DI PACE – LA MEGLIO GIOVENTU’ SESTESE

Venerdì 15 Giugno 2018, presso la Fondazione Piatti, alle 21h00, l’associazione Pace e Convivenza ha organizzato una serata in cui si è parlato veramente e concretamente di pace e di collaborazione fra i popoli. A conclusione del ciclo di eventi primaverili si è scelto di non proiettare l’ennesimo film seguito dagli ottimi buffet dell’associazione OLTRE LE PORTE, ma di offrire una serata di riflessione, invitando tre giovani sestesi a parlare della loro esperienza di volontariato all’estero, svolto grazie allo SVE (Servizio di volontariato estero) gestito dal CESVOV.

Giorgio Turetta, di Ispra ma di madre sestese, ha raccontato la sua esperienza in Belgio, dove è rimasto un anno come volontario presso un centro disabili e brevemente in un centro per rifugiati vicino a Bruxelles. Durante la permanenza ha seguito corsi di formazione e condiviso le sue giornate con ragazzi di diversi Paesi, di diverse etnie e con problemi di disabilità più o meno grave. Con loro ha lavorato nelle stalle, ha fatto attività di animazione per bambini e ragazzi e ha organizzato anche feste anni ’80 per far sentire integrati tutti i suoi compagni di avventura.

Giorgio ha potuto fare questa esperienza grazie all’associazione Compagnons Batisseurs ASBL, un’organizzazione per giovani fondata nel 1977, ma molte altre associazioni permettono ai giovani di fare questa esperienza.

Giovanni Di Bartolo, per esempio, dopo aver sentito Giorgio presentare la sua esperienza nelle scuole, ha deciso di partire alla fine della scuola superiore ed è stato 6 mesi in Turchia, al confine con la Siria. La sua è stata la testimonianza più toccante perché ha visto da molto vicino la guerra e conosciuto bene gli effetti e le conseguenze di questa tragedia. Giovanni ha lavorato a Gaziantep, presso l’associazione GEGED che si occupa di integrazione a 360 gradi. Ogni Lunedì l’associazione prepara le attività ed ognuno sceglie quali seguire per la settimana. Di Bartolo si è occupato principalmente di bambini turchi e siriani e ha organizzato corsi per adulti e ragazzi.

Ci ha raccontato di bambini, che persi entrambi i genitori, hanno trovato in lui e negli altri volontari un’ancora di salvezza per smettere di essere costretti a chiedere l’elemosina per strada, alla mercé di chiunque possa fare loro del male. Giovanni, nonostante la sua giovane età, ha dimostrato grande saggezza ricordandoci che solo trovando l’amore questi bambini possono evitare un futuro di odio. Parole che qualche mese fa aveva pronunciato anche il Pimpa, il giovane clown di Induno Olona che passa molti mesi all’anno in luoghi di guerra per portare il sorriso ai bambini di questi territori martoriati.

Mara Leontini, invece, è stata in Togo per un mese e mezzo l’estate del 2017. E’ partita dopo aver contattato un’associazione togolese che potesse garantire una sicura conoscenza del posto. Mara ha vissuto all’interno di villaggi dove le condizioni igieniche sono molto precarie ma dove la gente vive in grande armonia. Ha cucinato e mangiato i prodotti del luogo insieme al resto degli abitanti del villaggio. In questi luoghi non si mangia ognuno nella propria capanna, ma tutti insieme dallo stesso piatto intorno ad un falò, condividendo cibo e chiacchiere. Mara ci ha raccontato che ogni villaggio ha un Re e che nessuno può avere accesso senza la sua approvazione. Una volta accettati si deve contribuire alla vita del villaggio, lavorando nei campi, aiutando i bambini a scuola e facendo progetti per la prevenzione dalla malaria e dall’AIDS.

E’ stata una serata che ha arricchito le nostre menti, i nostri cuori e le nostre anime. Dandoci grande speranza per il futuro perché a parlare sono stati giovani, appartenenti a quella generazione troppo spesso definita poco interessata al prossimo e troppo concentrata sul sé.

Voglio concludere con una citazione che rubo a Giorgio, ma che mi sembra bellissima e molto attuale:

In materia d’immigrazione ci sono due concezioni estreme.

La prima di queste concezioni è quella che considera il paese d’accoglienza come una pagina bianca, dove ciascuno potrebbe scrivere ciò che gli pare. La seconda concezione estrema è quella che considera il paese d’accoglienza come una pagina già scritta, come una terra dove i valori, le leggi, le credenze e le caratteristiche culturali fossero già fissate una volta per tutte, gli immigrati potrebbero solo conformarsi.

Ma il paese d’accoglienza non è ne una pagina bianca ne una pagina scritta. È un paese la cui storia deve essere rispettata, ma non si può considerare l’avvenire di quel paese, come il prolungamento della sua storia, è qualcosa che deve ancora essere scritto tra grandi trasformazioni ed esperienze provenienti dall’esterno.

(Amin Maalouf)

 

 

 

Barbara Mercalli

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