#raccontaloaInsiemeperSesto

Intervista alla dott.ssa Elena Lia Barbieri, psicoterapeuta

“Non si possono fare proposte civili e concrete se non si da ascolto a chi, in questo perdurante stato di emergenza,  vive dall’interno situazioni di disagio conclamato: siano essi medici, presidi, infermieri, insegnanti, operai, imprenditori, commercianti. Diamo quindi voce, tramite intervista, al racconto dei cittadini sestesi che vorranno condividere con noi problemi, speranze, possibili soluzioni alle criticità quotidiane.”

Chiediamo alla dott.ssa Elena Lia Barbieri, psicoterapeuta, di raccontarci la sua esperienza professionale in questo periodo eccezionale e in particolare i cambiamenti, nelle relazioni  tra terapeuta e paziente, e nel vissuto determinato dallo stato di emergenza.

Le relazioni terapeutiche, durante il lockdown, hanno modificato le loro modalità di realizzazione e presentato grandi criticità ma anche stimoli di riflessione. Parlando di psicoterapia la prima cosa è stata la destrutturazione del setting (lo psicoterapeuta deve necessariamente ricostruire il dialogo con il paziente in uno spazio alternativo) che, con la modalità online, viene reso impersonale e distante. 

Il tema dello svuotamento, come perdita delle percezioni corporee dell’altro e a quello del muro, inteso sia come lo schermo sia come ciò che di nascosto e quindi non controllabile c‘è al di la di questo, (luoghi, odori,  presenze ecc) sono stati i primi grandi scogli. Il passaggio obbligato all’online ha poi inevitabilmente messo in moto vissuti e tematiche quali: l’abbandono, la paura di perdere l’altro, la rottura delle sicurezze, i dubbi sulla capacità del tuo terapeuta e tua, di poter salvaguardare la comunicazione profonda, il quando finirà e le frequenti verifiche di “tenuta” delle emozioni condivise. In tutto ciò si è inserita la mancanza di luoghi abitativi dove poter salvaguardare la privacy per poter effettuare le sedute: ho visto adolescenti chiusi nei bagni, nei garage, farsi postazioni nei campi vicino a casa o contrattare per 45 minuti di “libertà”.

IL QUI E ADESSO A DISTANZA 

Ho ritrovato genitori e coniugi non sempre consapevoli–continua Barbieri- di quali fosserole necessità dei familiari, incapaci quindi di lasciare gli spazi fisici e psichici necessari per “fare” le sedute. Possiamo quindi forse dire che la relazione paziente-terapeuta ha dovuto ricostruire alcuni dei suoi fondamentali ( fiducia, comprensione e rassicurazione) facendo affidamento sulle memorie storiche del rapporto. Tutto questo al fine di mantenere il più possibile continuità nella diversità, dimostrando ancora una volta, che il “qui e adesso” difficoltoso ha un’importanza ma è superabile se “ieri” aveva basi solide e affidabili. 

I CONTI CON IL QUOTIDIANO

Una volta ricostruite le basi abbiamo dovuto fare i conti comunque col quotidiano e spesso quello che abbiamo trovato ci ha colto un po’ di sorpresa: all‘inizio ho trovato pazienti molto “rassicurati” da quel ritiro sociale autorizzato, anzi obbligato. Una grande fuga dalla pressione dell’oggi, con la benedizione di tutti: non una fuga dal virus ma da una realtà troppo spesso a loro nemica, difficile. Col passare del tempo si è affiancata la paura della ripartenza, del virus, degli spostamenti, dell’affrontare un mondo che ora era ancora più sconosciuto e delle difficoltà economiche. Al di là di questo dominava però l’idea consolatoria che ripartire sarebbe stato ricominciare da dove tutti si erano interrotti. 

In questo clima si è inserita una problematica: l’insonnia e la produzione di sogni molto angoscianti. Questo ci racconta come, se da una parte il lockdown ha rappresentato per i pazienti un rifugio rassicurante, dall’altra un’angoscia di morte e di incapacità alla ripartenza ha aleggiato nell’inconscio collettivo ed individuale, un “particolato sottile psichico” che, lasciandoci tranquilli durante il giorno, ha inquinato pesantemente le nostre notti, cosa con cui dovremo presto confrontarci.

LA RELAZIONE CON I MINORI

Sicuramente due parole a parte vanno spese su adolescenti e giovani adulti che sono risultati i più resistenti ad accettare le modalità online. 

Per loro era davvero difficile pensare di utilizzare questo strumento con un adulto per parlare di cose molto serie e profonde, quasi come se le due fossero inconciliabili. Alcuni di loro poi hanno trovato enormi difficoltà a ritagliarsi privacy in famiglia e questo ha richiamato alle tensioni precedenti e ha acutizzato il bisogno dei coetanei e dell’incontro fisico. Per altri, invece, i ragazzi del “ritiro sociale”, i fuggiaschi cronici, i bullizzati perenni, i più o meno conclamati hikikomori (quei ragazzi che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale, cercando livelli estremi di isolamento e confinamento) l’isolamento è stato il momento della realizzazione autorizzata del sogno e la soddisfazione del bisogno. 

Temo quindi che con le “riaperture” queste problematiche potranno diventare più radicate e frequenti e con esse i terapeuti verranno chiamati sempre più spesso a confrontarsi.

Un commento

  • Monica casadio

    articolo molto interessante, mi ha colpito soprattutto ” le difficoltà del qui e ora sono superabili se l’ieri era solido” , mi fa percepire che gli effetti meno diretti di questo virus magari meno invasivi, ma per questo non meno gravi, li “dobbiamo ” , inteso come società, ancora incontrare e mi sa che se non ci “prepariamo” a riguardo, saranno anni con problemi sociali in aumento. Mi auguro che ai professionisti del settore venga dato spazio e soprattutto ascolto e che un occhio attento sorvegli chi invece, professionista non lo è e, nei panni del guru di turno, si arroga le capacità di poter ” salvare” le menti umane senza avere l umiltà di ammettere che rischia di gettare la vita di un essere umano in un tunnel senza luce.

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