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Giornata della Memoria

Questo 27 gennaio 2021 vogliamo ricordarlo con un commento di Leonardo Balzarini e un breve brano “letterario”, ricevuto da un amico e che volentieri pubblichiamo.

Il 27 gennaio celebriamo il Giorno della Memoria. Simbolicamente, la data scelta dall’assemblea generale delle Nazioni Unite coincide con l’anniversario della liberazione del campo di Auschwitz-Birkenau da parte dell’Armata Rossa. Cosa dovettero provare i soldati, quali furono i loro primi pensieri di fronte a quell’orrore, non possiamo che provare ad immaginarlo. Sappiamo però con certezza che sia i sovietici che gli angloamericani giunsero ben presto alla stessa conclusione: per quanto le scene che si presentavano davanti ai loro occhi fossero atroci, occorreva che venissero immortalate. Non si poteva correre il rischio, pensarono, che una volta venuti a mancare i testimoni diretti si perdesse la memoria di quanto era accaduto in quei luoghi. Memoria, una parola importante, potente, che non a caso si è scelto di utilizzare per ricordare gli undici milioni di esseri umani annientati dalla distopia nazifascista in cui una razza superiore avrebbe dovuto dominare su le altre. Le generazioni presenti hanno ancora la possibilità di ascoltare quello che accadde dalla voce viva di chi si trovò coinvolto in quegli eventi, e che ancora oggi ne porta con sé un segno indelebile. Noi che abbiamo avuto questa possibilità, abbiamo il dovere di raccoglierne il testimone a favore delle future generazioni, impegnandoci affinché nel corso della storia futura dell’umanità la memoria di ciò che è stato possa impedire che accadano nuovi orrori.

Leonardo Balzarini

Cos’è la memoria?”,  chiese la bimba all’anziana signora. Quella rimase un poco in silenzio. Il fiume scorreva placido dal ponte di ferro giù verso la diga della Miorina e da qui al mare, come faceva sempre, o almeno da quando la citta’ si era sviluppata sulla sua sponda, per risalire poi su verso il lago, mangiandosi la frazione di Lisanza – cosi’ come il pesce grande mangia sempre il pesce piccolo.  Era un posto bello dove trascorrere qualche giorno di pace, ad un’ora di treno dalle faccende di casa.  Poi disse: “la memoria è come un grosso armadio pieno di scatole e di cassetti dove si ripongono i nostri ricordi, quelli belli e quelli brutti. I primi per il piacere della nostalgia, i secondi il dolore che ci danno”. “E perchè i ricordi brutti non li buttiamo via?”  “Per non ripetere più gli stessi errori”, rispose la vecchia. “Se ti sei scottata il pancino bevendo del latte troppo caldo, per esempio, è il suo ricordo che ti impedisce di farlo di nuovo. Semplice, no? ”  “E quel numero che hai sul braccio, e’ un ricordo bello o brutto?”, si incuriosì la piccola.  “Questo numero – rispose, accarezzandosi la pelle- è la combinazione che apre il peggior cassetto di brutti ricordi che si possa immaginare. È il mio incubo.”  “Perchè non lo hai mai fatto cancellare? Così potresti dimenticare”, insistette la piccola.  “Per darti un giorno l’opportunità di chiedermi. E tuo padre prima di te. E molti altri, intorno. Sono una specie di armadio ambulante, che tiene dentro un passato mai troppo lontano, non solo il mio. Ogni tanto lo apro e permetto alle persone di guardare dentro, perché non diventi futuro.” “Nonna, cosa è il futuro?”  “Sono semi di memoria che germogliano sul terreno fertile di menti aperte. Non c’è futuro senza memoria. Ricordalo sempre.”  “Un giorno li seminerò anche io?”  “Se vorrai, piccolina. Ora però dormi.”  “Buonanotte, nonna.”  “Buonanotte, Speranza. Fai bei sogni”, rispose la nonna con un bacio. 

Fuori, la Luna piena giocava a rimpiattino tra le onde del lago e le Terre Borromee, donando una luce nuova, come fosse l’eco di una voce di bimba  sulla pelle raggrinzita di una anziana donna, numero di matricola 75190. 

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