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25 aprile 2020

Condividiamo una attuale e profonda riflessione del nostro consigliere Roberto Caielli

  • Compagno capitano, – disse Mendel – la guerra è finita, e non sappiamo se questa guerra non ne partorirà un’altra. Forse è presto per scrivere la nostra storia.
  • Lo so, – disse Smironov – So che cosa è la guerra partigiana. So che a un partigiano può capitare di aver fatto, visto o detto cose che non deve raccontare. Ma so che quanto voi avete imparato nelle paludi e nel bosco non deve andare perduto; non basta che sopravviva in un libro.

E’ Primo Levi che parla, in questa bella pagina di Se non ora quando?

Il romanzo dell’epopea dei partigiani ebrei nella Russia occupata dai nazisti, per dire una semplice verità: che la Resistenza non può stare chiusa nei libri, tantomeno nei discorsi, perché essa deve vivere, coi valori che l’hanno ispirata, nella storia che resta ancora da scrivere. 

Con ciò non nego l’importanza dei libri che raccontano la nostra storia di libertà. Dico semplicemente che, oltre al ricordo del passato, è il riflettere suivalori che permangono che da un senso alle celebrazioni.

Il  25 aprile ricorda ciò che avvenne 75 anni fa, non solo nella primavera del ’45, o negli inverni del ’43 e del ’44, ma anche di ciò che avvenne prima, perché l’Italia non precipitò per caso nell’abisso della vergogna, nel disastro della guerra. Non dimentichiamo mai che questa fu la tappa finale ed autodistruttiva di una dittatura durata 20 anni. 

Questo si trova nei libri ed un giro in biblioteca non fa mai male. Anche per sfatare certi pregiudizi e scoprire che le ricerche storiche, sia quelle di respiro nazionale ed europeo, che quelle più legate ai territori della Resistenza, offrono ormai un quadro completo dei fatti, senza più reticenze su tutti aspetti, anche i più aspri della lotta di liberazione. Basta leggere queste opere con onestà e con l’apertura di chi vuol sapere.

Nella storiografia italiana ed europea è ormai acquisita la visione della Resistenza come di un fenomeno storico vasto e complesso nel quale si possono ritrovare tre caratteri fondanti: il carattere patriottico, quello civile e quello sociale e di classe. Ciascuno di questi aspetti è stato di volta in volta messo in primo piano, ma oggi si riconosce che essi vivono più spesso uniti nelle stesse pagine e nei protagonisti della lotta partigiana.

Se pensiamo al dramma di Cefalonia, oppure agli episodi più vicini a noi di San Martino in Valcuvia, o di Megolo nell’Ossola, è più evidente il carattere patriottico della Resistenza come moto di riscatto della nazione tradita.

Se ricordiamo le storie del carcere e del confino degli antifascisti e l’infamia delle leggi razziali, le persecuzioni e le deportazioni ecco emergere con forza il carattere civile della Resistenza, insieme a quello ideale del sogno di una nuova Europa di pace, come nel Manifesto Federalista di Ventotene. Un carattere ideale, ma anche concreto. Da rievocare col ricordo chi, anche qui a Varese è stato ‘un eroe comune’, come Morpurgo, come Marrone e tanti altri che  hanno aiutato ebrei e profughi antifascisti a trovare rifugio nella vicina Svizzera.

Infine in pagine come quelle scritte dagli operai delle nostre fabbriche con gli scioperi del ’43 e del ’44 troviamo il carattere sociale della Resistenza. La spinta ‘economica e sociale’, che mosse gli operai a lottare ‘per il pane’si nutriva anche delle ragioni civili e patriottiche: gli scioperi estesi, ripetuti e incisivi, sfidarono il il regime di occupazione, anche al prezzo della deportazione, frenarono la forza della macchina bellica nazista e contribuirono, dopo 20 anni di dittatura a far riscoprire ai lavoratori la propria dignità e autonomia, il valore dell’azione e una prospettiva di emancipazione. 

Ecco che il ricordo di ieri si salda all’attualità e temi come il sacrificio e la responsabilità personale tornano attualissimi: pensiamo ai medici, infermieri dei nostri ospedali, ma anche alle commesse dei supermercati, ai camionisti, a tutti coloro che hanno tenuto la prima linea in queste settimane.

Tornano attuali la domanda di partecipazione e l’impegno personale dei tanti volontari e il desiderio sentirci tutti protagonisti del nostro futuro e non spettatori di scelte fatte da altri.

E infine: la lezione di quella storia, lontana ma non del tutto conclusa, ci parla di traguardi ancora da raggiungere come l’eguaglianza e la dignità di ogni singolo uomo, la costruzione dell’Europa Unita, antidoto alle guerre e casa comune dei nostri figli. Non è un piccolo compito.

Ecco questo è per me il significato del 25 aprile oggi.

Roberto Caielli

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