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Tempo di esami: il racconto di Carolina

Abbiamo dato voce a una diciottenne, una delle migliaia di ragazze/i che mercoledì 17 giugno affronteranno gli esami di maturità: come saprete, gli scritti della maturità per quest’anno non ci saranno. Le prove saranno sostituite da un unico colloquio orale in presenza da svolgere secondo le regole per la sicurezza indicate dal comitato tecnico scientifico per il Ministero dell’Istruzione.

Carolina ha negli occhi la luce dei Tuareg del deserto, vedono piste dove altri vedono solo sabbia.

Del resto, a 18 anni, questa è la vita: cassetti pieni di sogni e dose omeopatiche di rimpianti, e la naturalezza e l’innocenza di chi ha dalla propria parte la pienezza della  gioventù. È curiosa del suo futuro, parla dei suoi progetti sapendo che la sua strada, in un modo o nell’altro, si farà.  “Anche per gli insicuri come me”,  sottolinea. C’è una fiducia nelle sue parole che buca il cielo denso di nuvole, anche il sole torna a fare capolino. Buon segno.  

Davanti a sè, il rito di passaggio della maturità.

Carolina Besozzi ha studiato all’Istituto Dalla Chiesa, a Sesto Calende. Scienze umane, ad indirizzo economico e sociale. Cinque anni nel crogiuolo di scuole differenti e distanti per formazione e percorso, milleduecento anime che ogni giorno transumano dal mondo difficile e complesso dell’adolescenza verso l’età adulta, traghettati da professori di cui già ora conserva nelle parole un ricordo affettuoso. Non li vede da mesi, sono solo immagini bidimensionali sullo schermo di un computer, sa che presto, molto presto, questo mondo sarà il passato, il trampolino verso l’Università, “Scienze dell’educazione, in Bicocca”, tace un attimo e poi aggiunge torcendosi le mani “speriamo di farcela”, come se in quella tortura di dita volesse esorcizzare  l’ipotesi di un fallimento.  “Mi piacerebbe lavorare con i bambini, sono pacioccosi, hanno emozioni sincere, non filtrate. Sono sempre spensierati e felici.”

Il Dalla Chiesa è stata la casa delle diversità. Gli indirizzi scolastici, ma anche i nuovi italiani, figli di immigrati o immigrati loro stessi, un cantiere in lento movimento di tecnici, laureati, professionisti che presto si affacceranno al mondo del lavoro. Non c’è diffidenza nelle sue parole, dice “dove altri vedono barriere io vedo solo studenti, ragazzi, sono persone come me. Non è la pelle a fare la differenza, è quello che sei, quello che fai”. Certo, non è una pennellata a fare un quadro, ma le premesse che le fobie dell’oggi siano la vergogna di domani, ci sono tutte. È capitato di sentire schermaglie molto poco “politically correct” tra i corridoi, nei cortili, dice, ma quasi sempre poi c’è stata la capacità ironica di stemprare la tensione, da entrambe le parti. Credere che la scuola sia indenne dai guasti della società degli adulti è utopia, credere nella sua capacità di guarirne le piaghe è dovere e certezza. Racconta divertita  un episodio recente, lei che si avvicina in pausa di ricreazione offrendo la propria merenda ad una compagna che ne è sprovvista, questa che la osserva tra lo stranito ed il sorpreso, “sono in Ramadan”.  Piccoli inciampi in un mondo globalizzato.

Rimarca il dispiacere di non avere vissuto l’ultimo giorno di scuola, ma non ne fa colpa a nessuno. “Sono, anzi siamo stati tutti colti impreparati da qualcosa che nemmeno avremmo potuto immaginare. Io non me la sento di attribuire colpe o responsabilità, gestire l’emergenza, senza nessuna esperienza pregressa, è da incubo”.  Torniamo sull’argomento maturità, c’è l’incertezza del calendario e del metodo, un filo di lana più volte spostato e ingarbugliato, giocato sulla pelle di chi ha l’obbligo del traguardo. Ecco, questo sì, scoccia parecchio.  E la preparazione?  “Mi sento di elogiare i professori, pur nelle loro umane e comprensibili incertezze hanno portato avanti il lavoro come meglio potevano. Certo, c’è una bella differenza tra la formazione in aula e la formazione a distanza. In un caso sei a contatto con la persona, nel secondo con dei pixels che riproducono la personaNon c’è empatia, l’emotività è scarsa.”

Da adulto di lungo corso rimpiango la sfera delle emozioni della sua età, dove il contatto diretto è tutto. 

Le chiedo della relazione con i compagni di classe, dice che lo studio è stato portata avanti in solitudine causa lockdown, e che solo da poco ha modo di prepararsi e confrontarsi con loro, di sterilizzare a vicenda le paure della maturità.  Non saranno attese fuori dall’aula della commissione esaminatrice, dove da sempre i maturandi accompagnano i volti tesi di chi entra e scrutano le emozioni di chi esce, come estemporanei astronomi dell’anima, e questo lascia un velo di tristezza. Le strade si separeranno così, nell’asseticità di mascherine calate sui volti e di dati trasmessi nell’etere. 

A me viene in mente il verso di una canzone di Ivano Fossati, “difficile non è partire contro il vento, ma casomai senza un saluto”.

Buona fortuna Carolina, comunque vada sarà un successo. 

Questa di Carolina è la quattordicesima intervista che pubblichiamo: siamo convinti che non si possono fare proposte civili e concrete se non si da ascolto a chi, in questo perdurante stato di emergenza,  vive dall’interno situazioni di disagio conclamato: siano essi medici, infermieri, insegnanti, operai, imprenditori, commercianti.  

Diamo quindi voce, tramite intervista, al racconto dei cittadini sestesi che vorranno condividere con noi problemi, speranze, possibili soluzioni alle criticità quotidiane.

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